ANZIANI E DEPRESSIONE: IL RUOLO DELLA SOLITUDINE

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Depressione nell’anziano e solitudine, due aspetti collegati tra loro. Nello sviluppo della depressione in età senile la solitudine e la mancanza di un supporto sociale adeguato giocano un ruolo fondamentale. Come sottolinea uno studio dell’Università della Calabria (Santaera P., Severdio R., Costabile A., 2017) la mancanza di un adeguato supporto sociale alimenta negli anziani la sensazione di solitudine aumentando così il rischio di sviluppare un disturbo depressivo. Lo studio “Anziani e depressione: il ruolo della solitudine” è stato pubblicato sulla rivista “Psicogeriatria” dell’AIP, nel 3° numero del 2017.

Cause della depressione nell’anziano

La depressione nell’anziano, detta anche depressione senile, è un fenomeno in crescita che colpisce un numero sempre maggiore di utenti. L’aumento del numero degli over 65 affetti da depressione è legato a diversi fattori. Da una parte l’aumento della speranza di vita ha portato molte più persone a vivere a lungo, così anche il numero dei soggetti che sviluppano depressione è aumentato. Ma non solo.

Vanno considerate altre variabili che spiegano gli alti tassi di disturbo depressivo riscontrati negli over 65. La comparsa di disturbi cronici, la perdita delle autonomie, la progressiva riduzione delle attività e degli interessi, la perdita di relazioni significative sono alcune delle variabili più importanti che spiegano l’aumento di incidenza della depressione nella popolazione anziana.

Solitudine e depressione nell’anziano

Una delle variabili più strettamente correlate allo sviluppo di depressione in età involutiva è la solitudine. Solitudine che può essere reale (anziani che vivono da soli) oppure percepita (legata quindi alla mancanza di relazioni significative).

La depressione nell’anziano è un disturbo che spesso può non essere riconosciuto, soprattutto agli esordi. La depressione nell’anziano infatti spesso non compare con caratteristiche simili alla depressione nell’adulto. Nella depressione dell’anziano compaiono più spesso sintomi somatici (spesso disturbi gastrointestinali) con preoccupazioni ipocondriache e lamentazioni legate ad aspetti corporei.

Oppure compaiono sintomi come calo delle energie, perdita degli interessi e disturbi del sonno che spesso sono considerati “normali” processi dell’invecchiamento, quando invece nascondono una patologia depressiva.

Depressione e supporto sociale

Dello studio sulla diffusione della depressione nell’anziano se n’è occupata l’Università della Calabria con la pubblicazione del paper “Anziani e depressione: il ruolo della solitudine“. Uno degli obiettivi dello studio era comprendere la relazione tra supporto sociale, solitudine e depressione.

La depressione è strettamente correlata a vissuti di solitudine. Per una persona anziana infatti coltivare relazioni diventa sempre più difficile, i coetanei possono venire a mancare, le malattie possono ridurre la possibilità di muoversi e uscire di casa, ci possono essere lutti in famiglia (ad esempio morte del coniuge).

Tutti questi elementi possono contribuire a sviluppare un senso di solitudine che aumenta il rischio di sviluppare un disturbo depressivo; al contrario in contesti ricchi di interazione sociale gli anziani tendono ad invecchiare meglio, riducendo i tassi di depressione senile.

Supporto sociale soggettivo e oggettivo

I ricercatori dello studio, definendo il supporto sociale, distinguono tra supporto sociale oggettivo e soggettivo. Il supporto sociale oggettivo riguarda l’aiuto concreto che viene elargito da amici, familiari e altri ad un anziano in difficoltà.

Può essere quindi espresso sotto forma di aiuti economici, oppure di informazioni utili alla risoluzione di problemi. Quando invece facciamo riferimento al supporto sociale soggettivo valutiamo il lato emotivo di questo supporto. Ossia il senso di vicinanza psicologica vissuta e percepita dall’anziano.

In questo senso emerge centrale, in età senile, così come nell’adolescenza, il bisogno di appartenenza ad un gruppo (spesso la famiglia ma non solo) e la percezione dell’affetto e del supporto fornito dal gruppo stesso.

Il legame con il coniuge o gli eventuali figli diventa quindi molto più centrale in questa fase di vita. La mancanza di questi può essere causa di insoddisfazione di bisogni relazionali primari, portare a solitudine e quindi a depressione. E’ possibile quindi che, nonostante esistano poche esperienze di questo tipo, il trattamento gruppale per la depressione senile possa risultare molto utile nella popolazione anziana.

Solitudine e depressione

Come conseguenza di un supporto sociale scarso o assente emerge la solitudine. In genere la solitudine, definita come un sentimento di isolamento sociale, deriva dal divario tra il numero dei legami sociali effettivi e quelli desiderati dalla persona. Questa definizione di solitudine di natura quantitativa però, non tiene conto di alcuni aspetti specifici delle relazioni umane.

Infatti spesso ciò fa la differenza non è tanto il numero delle relazioni ma la loro qualità. Anche a fronte di un numero ridotto di relazioni sociali, se queste sono di buona qualità (offrono supporto, ascolto, condivisione, non giudizio e accettazione) possono allontanare sentimenti di solitudine.

La soddisfazione, rispetto alle proprie relazioni, non è quindi legata al loro numero, quanto piuttosto a caratteristiche quali la reciprocità, l’affetto e la disponibilità all’aiuto (Gava L. et al., 2013).

Solitudine nelle persone anziane

La solitudine per una persona anziana è quindi un aspetto centrale da tenere in considerazione per affrontare i problemi depressivi nell’anziano. La solitudine risulta infatti un fattore di rischio non solo per la depressione, ma anche per il declino cognitivo e per lo sviluppo di demenze come ad esempio la malattia di Alzheimer.

Intervenire per facilitare dinamiche di socializzazione o risocializzazione potrebbe quindi portare non solo ad una riduzione della solitudine autopercepita dagli anziani, ma anche alla riduzione dei tassi di depressione e di demenza nella popolazione anziana.

Trovare nuove strategie per evitare sensazioni croniche di solitudine nella popolazione anziana potrebbe diventare uno degli interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria più interessanti in ambito psicogeriatrico.

Solitudine, depressione e supporto sociale

Come hanno dimostrato i ricercatori dell’Università della Calabria “depressione”, “supporto sociale” e “solitudine” sono concetti tra loro collegati. Nello specifico coloro che avvertono un buon supporto sociale, mostrano minori tassi di solitudine autopercepita e ottengono un fattore protettivo sulla depressione.

Allo stesso modo invece, coloro che avvertono maggiormente la mancanza di legami significativi sono più soggetto a sentimenti di solitudine e quindi sono maggiormente a rischio di depressione.

Utilizzo dei gruppi nel trattamento della depressione nell’anziano

Questo studio mostra come, uno degli aspetti centrali da tenere in considerazione nella cura e nel trattamento della depressione nell’anziano, sia qualitativamente diversa da diversi approcci di psicoterapia cognitiva classica centrati principalmente sul trattamento delle distorsioni cognitive.

E’ quindi plausibile ipotizzare che un intervento sulla depressione nell’anziano non possa preludere da interventi favorenti la socializzazione da una parte, ma dall’altra dalla creazione di contesti gruppali nuovi dove poter ri-costruire legami significativi, dove poter sperimentare ascolto, sostegno e condivisione. La strumento del gruppo, più che l’intervento specifico individuale, può aiutare a rispondere ad alcuni bisogni emotivi (senso di appertenenza, supporto reciproco, socializzazione).

Cura della depressione senile all’Ospedale Maria Luigia

Il percorso di cura per la depressione senile è un protocollo di trattamento integrato attivo presso il reparto di psicogeriatria dell’Ospedale Maria Luigia.

Il trattamento è multiprofessionale e prevede l’intervento di diversi professionisti della salute mentale. Operano nel reparto di psicogeriatria medici neurologi e psichiatri specializzati in età geriatrica, per una corretta diagnosi e formulazione di una terapia farmacologica adeguata.

Il percorso di riabilitazione vede la partecipazione di psicologi per colloqui di sostegno, di tecnici della riabilitazione psichiatrica per la conduzione di gruppi riabilitativi (orientati al miglioramento delle performance cognitive, ma anche psicoeducativi, di confronto e sostegno) e di psicomotricisti. La presenza di un medico internista garantisce inoltre l’eventuale diagnosi e trattamento di patologie internisti in comorbilità (frequenti nella popolazione anziana).

Inoltre la presenza di fisioterapisti garantisce, per chi lo necessità, trattamenti riabilitativi (in particolare per pazienti con disturbo di parkinson o pazienti ortopedici) volti al recupero delle autonomie e della motricità.

Gli altri operatori di reparto, infermieri e OSS, sono formati in ottica riabilitativa e il loro intervento assistenziale è volto anche al recupero delle basilari autonomie personali. Il percorso è concluso dall’intervento dell’assistente sociale che lavora per garantire dimissioni protette, realizzando progetti post dimissione che possano aiutare, qualora ce ne fosse bisogno, a potenziare il supporto sociale (sia oggettivo che soggettivo) per i diversi pazienti.

Per saperne di più sul trattamento leggi l’articolo “Depressione nell’anziano. La cura all’Ospedale Maria Luigia