PSICHIATRIA E LETTERATURA – INTERVISTA AL DOTT. STEFANO FONTANA

psichiatria e letteratura

Alberto Grossi: Oggi siamo qui all’Ospedale Maria Luigia di Monticelli Terme in provincia di Parma e oggi è nostro gradito ospite il dottor Stefano Fontana psichiatra e come scopriremo oggi, appassionato anche di letteratura.

Dott. Fontana: Buongiorno a tutti, a lei, e agli ascoltatori.

Alberto Grossi: Ecco, partiamo da una considerazione. La letteratura, soprattutto la letteratura del novecento ha avuto tra i tanti modelli di ispirazione anche quello appunto di una mente in subbuglio. L’artista, lo scrittore, che come dire, è andato a un po’ a scandagliare le zone anche più oscure più dell’animo, laddove diciamo così i confini tra la follia e normalità sono un pochettino labili.

Ecco, perché questo sforzo creativo da parte di alcuni letterati importanti del novecento di andare a esplorare i confini tra follia e normalità?

Dott. Fontana: “Diciamo che lo scrittore, o l ‘artista in generale, per sua vocazione che per certi versi può essere considerata anche una condanna…è una condanna sublime, cerca di superare i limiti della conoscenza. É un po’ il tema faustiano del patto col diavolo, quello di trovare espedienti che permettano di andare oltre i limiti della conoscenza in modo da rappresentare degli aspetti della realtà che vanno oltre le convenzioni.”

“Questo poi ha un significato, perché in qualche modo diventa, pur essendo una manifestazione di stati d’animo paradossali, diventa però anche a volte una rappresentazione dell’umano universale. Nel senso che poi i lettori si riconoscono in queste emozioni paradossali, riconoscono e ritrovano una parte di se stessi, del proprio mondo, della propria psiche e in qualche modo lo apprezzano.”

“E questa poi è la ragione del successo di certe opere. In questo sforzo tuttavia lo scrittore spesso, appunto andando oltre i confini della conoscenza, arriva ad inoltrarsi in quelle regioni che sono le regioni della follia. Lo scrittore lo fa in modo consapevole e quindi è un movimento di andata e ritorno che in qualche modo viene padroneggiato.”

“Se esiste una relazione con la follia in quanto patologia è nel fatto che invece il malato ci entra suo malgrado e non è capace di controllare questo viaggio. É ovvio che lo scrittore esercitando questa sua “opzione” così sublime, come abbiamo detto, corre un grosso rischio, nel senso che si avvicina a quelle regioni che sono pericolose. Quindi la “follia dello scrittore” o la “malattia dello scrittore” o l’originalità, che viene così che è diventato un luogo comune dell’artista in generale rispetto alla umanità ordinaria, rappresenta un grosso rischio poi di sconfinamento, di perdita del controllo.”

Adesso io le citerò qualche qualche qualche romanzo dove credo appunto ci sia non può come dire sottostanti dei temi dei temi di carattere appunto psicologico o addirittura psichiatrico ad esempio il sosia di Dostoevsky cosa ci può dire a proposito?

Dott. Fontana: “Il Sosia di Dostoevsky, allora vi faccio una brevissima introduzione: il tema del sosia è un tema che era presente nella letteratura russa prima di Dostoevsky che alcuni scrittori russi hanno portato dalla Germania da Hoffmann. Tanto per tracciare un pochino il tema, Dostoevsky era troppo curioso per lasciarsi sfuggire un tema del genere, quindi se ne impossessa, lo rappresenta, e lo fa da par suo cioè da grande scrittore da scrittore straordinario e da scrittore dionisiaco quale egli è.”

“Il sosia rappresenta direi che il romanzo che non è forse il romanzo migliore di Dostoevsky dal punto di vista del valore letterario, comunque è un grande romanzo, è una rappresentazione straordinariamente fedele di quella spaccatura dell’Io che in qualche modo la psichiatria riconosce come la base della schizofrenia e della psicosia.”

Il tema dell’identità è proprio quella dell’Io spaccato in due, che non riconosce più la propria unità e quindi vede una parte di sé stesso scissa da sé che gli ritorna addosso sotto forma di persecutore. E tutta la trama del romanzo è proprio questo percorso dall’allucinazione del doppio di sé stesso, con l’intenzione cattiva a tutti i tentativi di patteggiamento con questa entità persecutoria fino a soccombervi, quindi a subirla e questo è purtroppo il tema che noi riscontriamo sotto varie forme in tanti nostri pazienti schizofrenici.”

Spostiamoci a Venezia invece, “Morte a Venezia” di Thomas Mann

Dott. Fontana: “Sì altra bellissima novella, Morte a Venezia presenta molti temi diversi e anche questa è una rappresentazione della follia dell’artista che viene rappresentata sotto forma di rivelazione. L’artista che ha inseguito l’ideale della perfetta bellezza per tutta la vita, nel momento in cui questa capacità creativa si indebolisce perché la vecchiaia lo porta a perdere il controllo quindi è un anticipazione della morte da cui poi anche il titolo…”

La Morte germisce l’artista però, prima di ucciderlo, prima di farlo morire, gli dà una specie di ubriacatura, di inebriamento, facendogli vedere la bellezza perfetta che lui ha inseguito per tutta la vita nelle sue opere. Cercando poi di rappresentarla con il massimo equilibrio, con l’equilibrio perfetto, con l’autocontrollo improvvisamente questa, che è una rappresentazione metaforica appunto della bellezza, della perfezione gli appare sotto forma di un essere in carne ed ossa, una passione perversa per un fanciullo.

É una passione perversa e qui si allacciano diversi temi: il tema della pedofilia che era presente nella cultura greca elevata; la città stessa città di Venezia, una rappresentazione mirabile della città di Venezia come emblema di decadenza e di morte. E qui ci sarebbe tutto un discorso da fare su quello che è diventata Venezia dopo l’assedio napoleonico quando la Serenissima Repubblica è caduta eccetera eccetera eccetera ci dilungheremmo troppo…

Ed è questo, prima della morte c’è in qualche modo la rappresentazione, la visione della bellezza perfetta, che in questo caso però non è più il viatico allo strumento per creare un opera sublime ma diventa invece una passione insana che è il volto stesso della morte.

L’uomo si scopre solo

Alberto Grossi: “Ecco a tal proposito nel 900 in realtà c’è un fatto nuovo: il fatto nuovo è che l’uomo si scopre solo da un punto di vista sentimentale, esistenziale, schiacciato dal progresso industriale, il tema dell’anomia e tra tutti i vari disturbi anche appunto i disturbi affettivi e la difficoltà di governare le pulsioni del proprio eros.”

Dott. Fontana: “Si c’è questo, è un tema credo molto molto importante, molto frequente e molto celebrato nella letteratura del 900. Qui l’elenco sarebbe lungo possiamo citarne qualcuno possiamo pensare allo Straniero di Camus, oppure ai racconti ai romanzi splendidi di Kafka che sono la rappresentazione della solitudine e dello sgomento di fronte all’incomprensibilità del mondo.”