Le dipendenze rappresentano una delle sfide più complesse in ambito medico e sociale, con implicazioni che spaziano dalla salute mentale alle relazioni interpersonali, fino agli impatti economici e sanitari. Negli ultimi anni, le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva, in particolare la stimolazione magnetica transcranica (TMS), hanno guadagnato crescente attenzione come potenziale trattamento per i disturbi da uso di sostanze. In questo articolo sintetizziamo le attuali conoscenze scientifiche presenti in letteratura rispetto all’utilizzo della TMS come strumento terapeutico.
La TMS è una tecnica che utilizza impulsi elettromagnetici per stimolare specifiche aree cerebrali. Attraverso una bobina posizionata sul cuoio capelluto, viene generato un campo magnetico che induce correnti elettriche nei neuroni sottostanti, modulandone l’attività (Rossi et al., 2009).
Questo approccio, già utilizzato per il trattamento della depressione resistente, si sta ora esplorando come terapia per diverse condizioni, incluse le dipendenze patologiche (Hanlon et al., 2016a).
Le dipendenze sono associate ad alterazioni nei circuiti cerebrali che regolano il controllo degli impulsi, la motivazione e il sistema di ricompensa. La stimolazione magnetica transcranica (TMS) agisce direttamente su queste aree, con particolare attenzione alla corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC).
Questa regione del cervello è fondamentale per il controllo delle emozioni e dei comportamenti impulsivi, aspetti spesso alterati nei pazienti con dipendenze patologiche (Jansen et al., 2013).
Studi di neuroimaging hanno dimostrato che la TMS migliora la comunicazione tra la corteccia prefrontale e il sistema limbico, riducendo l’attività di strutture come l’amigdala. Questa regolazione aiuta a diminuire la reattività agli stimoli legati alla dipendenza, migliorando così il controllo emotivo e comportamentale (Hanlon et al., 2016b).
Un altro meccanismo fondamentale della TMS è la sua capacità di favorire la neuroplasticità, ovvero la riorganizzazione delle connessioni neuronali.
La TMS, infatti, in particolare quando applicata alla corteccia prefrontale dorso laterale, stimola il rilascio di dopamina nelle regioni cerebrali coinvolte nella ricompensa, come il nucleo caudato, e attiva recettori glutamatergici.
Inoltre, la TMS può influenzare l’espressione di fattori neurotrofici come il BDNF, che è un regolatore attivo della plasticità sinaptica. Questi cambiamenti aiutano a consolidare percorsi neurali più sani e a ridurre gli stati emotivi negativi associati alla dipendenza (Strafella et al., 2001; Ekhtiari et al., 2019).
La letteratura scientifica offre una crescente mole di evidenze sull’efficacia della TMS per diverse forme di dipendenza:
Uno studio randomizzato ha dimostrato che sessioni ripetute di TMS ad alta frequenza sulla corteccia prefrontale dorsolaterale di sinistra riducono significativamente il craving e il consumo di sigarette. I partecipanti trattati hanno mostrato un tasso di astinenza del 50% a sei mesi, suggerendo un impatto duraturo della stimolazione (Dinur-Klein et al., 2014).
In uno studio clinico, la TMS combinata con la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) ha portato a una significativa riduzione del desiderio compulsivo di bere e a un miglioramento dei tassi di astinenza fino a tre mesi dopo il trattamento (Klauss et al., 2014). Questi risultati sottolineano il potenziale della TMS come terapia complementare.
La TMS ad alta frequenza ha mostrato risultati promettenti anche nel trattamento della dipendenza da cocaina. I pazienti trattati con stimolazione ripetitiva hanno riportato una diminuzione del craving e una maggiore capacità di controllo degli impulsi, benché siano necessari ulteriori studi per confermare questi dati (Terraneo et al., 2016).
Alcuni studi preliminari suggeriscono che la TMS potrebbe essere efficace anche per pazienti affetti da polidipendenze. La stimolazione di diverse aree cerebrali, adattata al profilo del paziente, potrebbe offrire risultati promettenti, ma occorrono ulteriori indagini (Jansen et al., 2013).
I protocolli di stimolazione magnetica transcranica (TMS) utilizzati per trattare le dipendenze variano in base a specifici parametri tecnici. Ogni sessione dura generalmente dai 20 ai 40 minuti, con stimolazioni ad alta frequenza (>10 Hz). Il trattamento prevede tipicamente un ciclo di 10-20 sessioni distribuite nell’arco di alcune settimane (Rossi et al., 2009).
Le aree cerebrali target principali includono la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC), sebbene alcuni protocolli possano coinvolgere anche altre regioni, come l’insula e il cingolo anteriore, considerate cruciali per la regolazione emotiva e la motivazione (Hanlon et al., 2013).
Una seduta di TMS segue una procedura ben definita per garantire sicurezza ed efficacia. Ecco i passaggi principali:
Benefici e Limiti della TMS
La TMS presenta diversi vantaggi rispetto ai trattamenti tradizionali:
Nonostante i promettenti benefici, la TMS presenta alcune limitazioni:
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è quindi una opzione nuova per il trattamento delle dipendenze, che può beneficiare nei prossimi anni di ricerche specifiche.
Ad esempio, lo sviluppo di biomarcatori potrebbe aiutare a personalizzare i trattamenti, identificando meglio i pazienti che possono trarne beneficio, o identificando specifiche aree in diverse tipologie di pazienti.
Inoltre, l’integrazione della TMS con tecnologie per l’imaging cerebrale in tempo reale, potrebbe migliorare la precisione della stimolazione e ottimizzare i risultati (Hanlon et al., 2016b). Un’altra direzione interessante è l’uso della TMS per la prevenzione, in particolare in persone a rischio di sviluppare dipendenze, anche se questa applicazione necessita di ulteriori ricerche per essere validata (Koob e Volkow, 2016).
In conclusione quindi la TMS può rappresentare una risorsa preziosa per la cura e il trattamento delle dipendenze patologiche, soprattutto se vista all’interno di un approccio integrato, in combinazione con altre strategie terapeutiche come la psicoterapia o la psicofarmacologia.
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